Il Pd sta a Bersani come Cantalamessa alla Pasqua: mi gioco la doppia tripla

crocifisso_scuola_lezioneDifficile dirlo: dei due fatti eclatanti accaduti nelle ultime giornate, più delicato commentare il risultato elettorale del Pd di Bersani o le dichiarazioni di padre Raniero Cantalamessa nel corso del Venerdì Santo? Da una parte le Regionali, dall’altra la Santa Pasqua: entrambe le ricorrenze, con una coincidenza che vale la pena richiamare. L’appuntamento alle urne è significato, per il Partito Democratico, fare i conti con due linee di pensiero: quella direttamente riconducibile alla base (con l’espressione principale di Nichi Vendola a incarnare un modo nuovo di fare politica: appellando iscritti e simpatizzanti già nel momento della scelta del candidato) e quella figlia del verticismo dirigenziale che ha quale massimo simbolo di riferimento Massimo D’Alema (sua, in fin dei conti, la sconfitta pugliese in seguito alla debacle alle primarie di Boccia. Unico sconfitto Pd in Puglia, D’Alema, che contende a Fitto la palma del cassato 2010). L’appuntamento con la Santa Pasqua, invece, ha portato con sé la piacevole coincidenza del fatto che Pasqua ebraica e cristiana, quest’anno, cadessero nella stessa settimana: elemento di avvicinamento e unione messo lì quasi per fare un piacere. Sollecitare un percorso di tolleranza e rispetto reciproco. Invece, il risveglio è stato amaro in entrambe le circostanze. Il Pd di Bersani ha arrancato nuovamente (pessimo il risultato generale, flessione anche rispetto ai voti totali); la Santa Pasqua si è chiusa come la si era introdotta: code di polemiche e strascichi di mal di pancia.

IL PIDDI’. Sta diventando un veleno. Non tanto per gli elettori quanto piuttosto per i segretari. Ti eleggono a referente del Pd e, improvvisamente, l’universo nel quale insisti, si annichilisce. E’ accaduto anche a Pierluigi Bersani. Politico arguto, preparato, competente. Sembrava la cura del male, invece neppure lui ha garantito il salto di qualità. Il cambio di marcia. Il Partito Democratico persiste nell’essere un contenitore privo di contenuti distintivi e Bersani ha già incassato – il che è tutto dire – le critiche pubbliche di 49 parlamentari che gli hanno inoltrato una lettera in cui chiedono maggiore coraggio con Emma Bonino a farla fuori dal vaso e prendere le difese del segretario Pd. L’episodio si aggiunge ad altro vento che soffia su fiamme già ardenti. La ricetta la cercano tutti. In ultimo Fioroni, per esempio: “Noi non perdiamo perché siamo divisi. La pluralità di voci è una ricchezza. Del resto, nel Pdl litigano su tutto però hanno vinto. Noi andiamo male perché il programma arriva confuso agli elettori”.  Nonostante tutto, Bersani non molla e rilancia. Pare abbia confidati agli intimi che “”Esco rafforzato da questa partita, non vedo crescere pericolose tensioni nel partito“. E che partita, le Regionali: centro-sinistra batte centro-destra per 7-6. Si partiva da 11-2, in realtà è stata una batosta. E pare che anche Bersani, di fianco ai predecessori – fatichi a rappresentare il nuovo che avanza.

Reunion Litfiba: Pelù e Renzulli, temo flop artistico e boom di vendite

litfiba-pelu-renzulliSono tornati. Con tanto di proclama. Sul sito ufficiale. Non tanto i Litfiba (mai morti nonostante la separazione dei due fondatori) quanto piuttosto loro. L’accoppiata Pelù & Renzulli. L’11 dicembre 2009 viene resa pubblica la reunion. Dicono i due congiuntamente: “La voglia di salire su palco insieme e fare concerti è inarrestabile. Le band rock del mondo hanno attualmente un grande seguito: Muse, Editors o Interpol stanno conquistando milioni di fan alla ricerca di un suono post-punk e metropolitano che è stato la spina dorsale dei Litfiba e del loro percorso artistico. La contemporaneità di questo linguaggio ha permesso un nuovo confronto fra noi due, che ha scatenato la voglia di risuonare insieme”. Il 13 Aprile a Milano (Mediolanum Forum), il 16 e 17 Aprile a Firenze (Mandela Forum), il 19 Aprile a Roma (Palalottomatica) e il 21 Aprile ad Acireale (Palatupparello). Dopo l’inevitabile divorzio dovuto a divergenze personali e artistiche, l’Italia del rock ritrova uno dei gruppi che hanno fatto epoca. E che, a quanto pare, hanno ritrovato la bussola. Perduta nel 1999.

L-IT-FI-BA. Fata Morgana che cambiava il suo profilo mi ha sempre mandato in visibilio. Con Lacio Drom ho girato il Portogallo. Lulù e Marlene nel cielo finto, un incanto con cui spesso ho cercato il sonno. Litfiba. Il nome è un sunto essenziale dell’indirizzo telex della sala prove in cui la band suonava fin dagli albori: “L” (prefisso telex), “IT” (Italia), “FI” (Firenze), “BA” (via de’ Bardi). Litfiba. Ovvero, Ghigo Renzulli e Piero Pelù. In più, una serie di comparsate più o meno lunghe, di musicisti più o meno affiatati con la coppia, di meteore che non hanno lasciato il segno all’interno della band. Dal 1980 al 1999. Diciannove anni, altrettanti album. Chitarrista e titolare del marchio il primo (fu proprio Ghigo a compilare l’inserzione e pubblicarla sui giornali locali: cercava un gruppo di persone che fossero interessate a condividere la passione per la musica. Punk, hard rock, new wave.); cantante il secondo. Ma anche riferimento indiscusso dei fans: sia dei primi, in grado di legarsi ai Litfiba già dopo il lavoro d’esordio (Guerra, 1982, cinque tracce per 1500 copie stampate), che delle folle oceaniche capaci di presenziare ai concerti del gruppo toscano anni e anni dopo. Perché, nonostante il rock sempre più esplosivo – disco dopo disco – e l’efficacia di arrivare dritti alle pulsioni e all’emotività della platea, per la premiata ditta Pelù & Renzulli, il successo (quello misurato coi i soldi intascati) è arrivato tardi. Molto dopo rispetto ai riconoscimenti della critica.

Fede abbandona Anno Zero: Santoro, ho perso una cena. E io rilancio

fede-abbandona-anno-zeroHA VINTO LUI. L’ho visto, sì. Anno Zero di solito lo guardo. Non sempre apprezzo, non sempre condivido. Emilio Fede, e il suo Tg, m’è capitato quasi mai. Troppo presto, le 19. Ancora lavoro. Due figure differenti, agli antipodi politicamente. Professionalmente.

Santoro e Fede, tuttavia, in un certo qual modo si assomigliano, si cercano. Si ascoltano. Sanguigni del “politichese”, viscerali. Per certi versi partigiani. Chi di una parte, chi di un personaggio. Chi di un’azienda, chi di un portafogli. Ognuno ci legga quel che gli pare, ma di politico no. Non leggiateci nulla perchè non mi rispecchio in quello nè in quell’altro. Solo che, e ve lo dico, lo scorso giovedì m’è successo di giocarmi una cena proprio mentre su RaiDue andava in onda la prima di Anno Zero post Regionali. Con Massimo, amante dei talk show di genere.

COMPARVE FEDE. Archiviata la parentesi di Raiperunanotte, si torna alla diretta con in valigia un bagaglio di ascolti certificati (oltre 6 milioni e mezzo tra virtuale ed emittenti locali). Era stato lo spot elettorale più azzeccato che la sinistra potesse immaginare. Senza aver fatto nulla per meritarlo. Roba che se uno immagina Francesco Totti bersi mezza difesa e poi mettere il pallone tra i piedi di Vucinic che deve solo spingerla in rete ha fatto in tempo a intuire cosa è accaduto.

Allora, nonostante la vittoria elettorale (poco da dire) di Berlusconi e Bossi (solo Beppe Grillo e Nichi Vendola possono ritenersi altrettanto soddisfatti), mica m’aspettavo che lì tra gli ospiti di Santoro ci fosse lui. Alfano? No, lì comprendo il motivo (parentesi, sarà il Ministro di cui – nei prossimi mesi – si parlerà di più). M’è venuto da stare in silenzio quando, tra la Annunziata e Santoro, tra Marco Travaglio e un intervento di Nicola Porro, ho visto in collegamento Emilio Fede. Altro che l’asso di briscola.

MA MICA PER NIENTE. Ho dato un occhio a Massimo. Che parla poco e se apre bocca mentre c’è Santoro è solo per imprecare. Io, in questi casi, rispetto il mutismo e sopporto gli epiteti sempre originali. In qualche circostanza prendo appunti perchè ne partorisce alcuni che sembrano messi lì apposta. Ad anticipare le vignette di Vauro. Stavolta, però, ha parlato prima di me. Massimo: “Fede sta lì per andarsene. Mica per niente. Deve farsi perdonare qualcosa”. Dire che avessi capito cosa è dire una bugia ma, pazientemente, me lo ha spiegato. Secondo Massimo, il Direttore del Tg4 si era sbilanciato “pericolosamente” nel periodo pre elettorale dicendo che, lui Fede, Santoro lo guarda, gli piace, non condivide.

“Sta lì per andarsene. Alla prima occasione utile”. Il riscatto, secondo Massimo. Io: “Secondo me sbagli, non avrebbe senso. Cui prodest?”. Massimo: “Cena?”. Che per lui, scommettere cene è l’hobby migliore, dopo il cinema. “Cena”, rispondo io. Dimentico che, di fronte, ho Massimo. Ovvero quello che mi ha già spillato pranzi luculliani a base di pesce e carne, primi e secondi, italiano ed etnico. A posteriori, avrei potuto immaginarlo.

Vasco Rossi a Torino, la scaletta? Mi gioco la sorpresa

vasco-rossi-tour-2010Torino, PalaOlimpico Isozaki: prossima tappa del Blasco per l’Europe Indoor Tour. Le date: martedì 6, mercoledì 7, domenica 11, sabato 12, venerdì 16, sabato 17, martedì 21 e mercoledì 22 aprile. 8 appuntamenti per rivivere la carriera di un grandissimo. La storia della musica italiana, fosse un vestito, sarebbe tenuta assieme dall’ago e filo di certe canzoni del rocker di Zocca che hanno segnato più di un epoca. Albachiara e Sally, Siamo solo noi e Un senso passando per Colpa d’Alfredo e Incredibile Romantica. Le altre 200 meriterebbero una citazione specifica. Ma lo spazio è succinto. Io, Vasco in concerto, l’ho già visto. Una, dieci, decine di volte. Ma è come – ogni santissimo appuntamento – come se fosse il primo. Di rimando, ognuno è come se fosse l’unico.
RITUALI E SENSAZIONI. Nel rituale capitato a me e alle altre centinaia di migliaia di appassionati – ovvero, sveglia all’alba di sei mesi prima della data prefissata per evitare la coda (o almeno assicurarsi i primi posti) e accaparrarmi un biglietto (che no nè mai uno perchè lo devi prendere agli amici e agli amici degli amici); ricerca forsennata su internet, dal minuto successivo a che hai lasciato la biglietteria di ticketone, per avere qualche ragguaglio sulla scaletta; ripasso di tutte le canzoni (anche quelle più datate e meno note) perchè tanto, Vasco, qualche recupero nella memoria storica lo fa sempre; compilazione delle 30 canzoni che vorrei sentire (alla fine, ne escono fuori sempre una sessantina, ma di più, a tagliare, proprio non ce la fai); canonico giorno di ferie per partire con comodo, assaporare ogni minuto – accade sempre di scommettere. Due, tre euro; non di più. Tra noi. I soliti quattro o cinque. Su che? Non sulla scaletta. Certo. Quella diventa nota in maniera ufficiale con la data Zero. Noi ci scommettiamo la sorpresa. La variante. La differenza rispetto al copione. Lo faccio anche stavolta. Mi gioco ‘sta sorpresa. Li chiamo a uno a uno – i quattro, cinque – e glielo comunico.

Brangelina, Sarkò-Carlà: addio? Scommetto di no

carla-bruni-sarkozyImmancabile, direbbe Jerry Lewis: perchè si divorzia? Semplice, per via del matrimonio. Angelina Jolie e Brad Pitt, Nicolas Sarkozy e Carla Bruni: due coppie pescate a mano aperta nell’etere dei Vip tra una casistica che vede quale denominatore comune il vocio e i rumors che si susseguono. Separazione? Tradimento? Bah. Oltremanica le quote relative alla frantumazione delle coppiette iniziano a comparire. Per la verità, quelle che prevedono la fine delle due storie si abbassano a dismisura. Ogni giorno che passa. Sarà perchè va di moda, sarà che hanno parecchio tempo libero.

Se c’è chi punta? Che, scherzate! Lì ci si gioca soldi anche solo per azzardare il numero di capelli che stanno sulla testa della Regina d’Inghilterra. Lo facessero in Italia, un azzardo simile sul Presidente del Consiglio, vattelapesca. “Io dico tremila”. “No, ottomila quattro”. Già li vedo, con la sicumera del caso, a pretendere soldi dalla Snai: “Datemi i soldi che mi spettano, ho detto zero e ho vinto: lo sanno tutti che Berlusconi ha il riporto. Quindi, i capelli in questione è come se fossero zero”. Eversivi! Comunisti! Epurateli!

Invece no: nella liberal-tabloidiana Londra, su debolezze e difetti dei personaggi più in voga si scommette. Eccome. Vi capitasse di farci un salto, sotto al Big Ben, lo vedreste coi vostri occhi. Una strabiliante quota messa come una taglia sulla testa di due delle accoppiate più glamour dei tempi recenti. Jolie-Pitt e Sarkozy-Bruni. Distacco immediato. Vi trovaste per puro caso nella fumosa London, tuttavia, non fatevi tentare dagli allibratori. Ci fosse una puntata da fare, NON FATELA sulla separazione imminente. Di entrambe le coppie. E vi spiego perchè.